Il Ministero del Lavoro, nella circolare 3/2013, ha precisato che il tentativo obbligatorio di conciliazione per i licenziamenti per giustificato motivo oggettivo può avere dei riflessi su tutti i vari aspetti economici relativi al rapporto di lavoro: dal trattamento di fine rapporto alle retribuzioni alle ore di lavoro straordinario. Quanto deciso in sede di procedura obbligatoria è inoppugnabile e definitivo.
Questa precisazione del Ministero del Lavoro richiede la piena consapevolezza, da parte del lavoratore, della inoppugnabilità di quanto sottoscrive nella fase finale della conciliazione obbligatoria, in quanto tutto quanto sottoscritto rimane definitivo e incontrovertibile in base all’articolo 410 del Codice di procedura civile: in caso di somme corrisposte a vario titolo, la commissione di conciliazione dovrà anche indicare separatamente quelle corrisposte per l’accettazione del licenziamento.
Per quanto riguarda gli aspetti fiscali e contributivi della conciliazione obbligatoria, i redditi derivanti da titoli che hanno a oggetto la prestazione di avolo costituiscono redditi da lavoro dipendente. Se, invece, la procedura presso la Dtl fallisce, le parti possono ancora tentare soluzioni alternative ai fini di evitare il contenzioso giudiziale. Un’alternativa valida è quella di attivare la conciliazione facoltativa in sede sindacale o affidare la controversia a un collegio arbitrale irrituale in base alla legge 183/2010.
Con la conciliazione facoltativa in sede sindacale in genere l’accordo tra le parti è stato già definito e la conciliazione serve a definire il verbale conciliativo, dev’essere sottoscritto dal datore di lavoro, dal lavoratore e dai rappresentanti sindacali che hanno assistito le parti.
La sottoscrizione del sindacato è importante in quanto, secondo una sentenza della Cassazione (n. 13910/1999), il regime di inoppugnabilità , stabilito dagli articoli 410 e 411 del Codice di procedura civile, delle rinunzie e delle transazioni relative a diritti inderogabili dei lavoratori (articolo 2113 del Codice civile) presuppone che la conciliazione sia caratterizzata dall’intervento di un soggetto «terzo», ritenuto idoneo a tutelare il lavoratore nel momento in cui effettua la rinuncia o la transazione.
Il verbale sottoscritto in sede sindacale viene depositato presso la Dtl a cura di una delle parti o mediante un’associazione sindacale e poi nella cancelleria del tribunale per essere dichiarato esecutivo.
In alternativa, la controversia può essere risolta attraverso un collegio arbitrale irrituale composto da un rappresentante di ciascuna delle parti e da un terzo membro, che funge da presidente. La parte che abbia l’intenzione di ricorrere a questa procedura deve notificare un ricorso sottoscritto alla controparte, che a sua volta, se accetta, nomina il proprio arbitro per proseguire l’iter della conciliazione.
APPROFONDIMENTI
*Conciliazione obbligatoria: i vari effetti sul rapporto di lavoro
*Conciliazione obbligatoria: procedura, aziende interessate, motivazioni
*Conciliazione obbligatoria tra impresa e lavoratore