Esiste una certa confusione in merito alla direttiva 2005/36/CE sul riconoscimento delle qualifiche professionali conseguite all’estero e sul decreto n. 206/2007 emano al fine di regolare il recepimento della direttiva stessa.
Com’è stato più volte ribadito la direttiva dell’Unione Europea è stata predisposta con lo scopo di agevolare la libera prestazione di servizi, ma per il carattere peculiare del provvedimento europeo risulta necessario introdurre norme specifiche al fine di esercitare attività professionali con il titolo professionale originario.
Si ricorda che l’obiettivo del provvedimento europeo non è solo quello di favorire la libera professione in Europa ma ciò che si pone è una metà più ampia; in effetti, l’intenzione del legislatore europeo è quello di rimuovere gli ostacoli alla libera circolazione di persone e servizi permettendo a tutti, attraverso un particolare sistema di riconoscimento delle qualifica professionale, di esercitare, come lavoratore autonomo o subordinato, una professione in uno Stato membro diverso da quello di origine.
Il CNDCEC ha però ritenuto di chiarire alcuni aspetti attraverso la sua nota n. 47 dell’8 giugno 2011. Per prima cosa l’organismo ricorda che i titoli professionali stranieri non devono essere tradotti ma lasciati in lingua originale. Non è possibile per un cittadino straniero che ha conseguito l’abilitazione in un Paese straniero di utilizzare il titolo di commercialista o dottore commercialista a meno che si sia conclusa la procedura di riconoscimento con il superamento di specifiche prove attitudinali. In buona sostanza, il cittadino straniero che svolge attività di lavoro occasionale e temporanea in Italia deve utilizzare il titolo di studio che ha precedentemente conseguito nel suo Paese in lingua originale.
In effetti, la normativa europea, pur consentendo e sollecitando l’eliminazione degli ostacoli alla libera circolazione di persone e servizi tra Stati membri, ricorda che l’agevolazione della prestazione di servizi deve essere garantita nel contesto della stretta osservanza della salute e della sicurezza pubblica nonché della tutela dei consumatori del Paese ospitante tanto da prevedere disposizioni specifiche per le professioni regolamentate aventi implicazioni in materia di pubblica sicurezza e di sanità pubblica, che prestano servizi transfrontalieri su base temporanea o occasionale.