La corte di Cassazione è di nuovo intervenuto a proposito del trasferimento di un lavoratore, sentenza n. 5099 del 2 marzo 2011, chiarendo che la decisione del datore di lavoro non deve presentare necessariamente i caratteri dell’inevitabilità, ma è solo sufficiente che il trasferimento rientri tra le possibili scelte imprenditoriali sul piano tecnico, organizzativo e produttivo: il giudice non deve sindacare le ragioni tecniche, organizzative e produttive che legittimano il trasferimento del lavoratore subordinato, ma semmai è necessario verificare e accertare che vi sia corrispondenza tra il provvedimento adotta dal datore di lavoro e le finalità tipiche dell’impresa, salvo, in ogni caso, il riconoscimento della specifica professionalità.
Nella fattispecie il giudice di primo grado aveva ritenuto del tutto insussistenti le esigenze organizzative e produttive poste a base del trasferimento dal datore di lavoro.
La giurisprudenza della suprema Corte di Cassazione ha però ribadito che il controllo giurisdizionale delle comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive che legittimano il trasferimento del lavoratore subordinato deve essere diretto ad accertare che vi sia corrispondenza tra il provvedimento adottalo dal datore di lavoro e le finalità tipiche dell’impresa e non può essere dilatato fino a comprendere il merito della scelta operata dall’imprenditore: il giudice deve fare il giudice e il datore di lavoro deve gestire la sua impresa.
Non solo, la decisione del datore di lavoro, o del suo rappresentante, non deve presentare necessariamente i caratteri dell’inevitabilità, ma è solo sufficiente che il trasferimento concreti una delle possibili scelte che il datore di lavoro, in base alla normativa esistente, può adottare sul piano tecnico, organizzativo e produttivo (Cass. n. 9921/2009).
Il datore di lavoro può ritenere opportuno privarsi, in una determinata unità produttiva, dell’apporto di un dipendente con specifiche determinate mansioni e trasferendolo in altra unità produttiva perchè la congruità della decisione o la maggiore utilità economica degli assetti organizzativi spetta solo al datore di lavoro.