La Suprema Corte, nella sentenza n. 9049 del 20 aprile 2011, ha affermato “l’illegittimità del rifiuto datoriale di effettuare le trattenute sindacali in ragione dell’elevato numero dei dipendenti, ritenendo che il solo elemento dimensionale dell’impresa sia del tutto insufficiente a dimostrare l’inesigibilità dell’obbligo datoriale, potendo il datore ovviare alle difficoltà attraverso una organizzazione adeguata”.
Un tale comportamento potrebbe essere ritenuto antisindacale.
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L’art. 26 dello Statuto dei lavoratori ( Legge n. 300 del 1970) stabilisce che “i lavoratori hanno diritto di raccogliere contributi e di svolgere opera di proselitismo per le loro organizzazioni sindacali all’interno dei luoghi di lavoro, senza pregiudizio del normale svolgimento dell’attività aziendale”.
L’obbligo di trattenere e versare alle associazioni sindacali il relativo contributo sussiste in tutti i casi in cui ciò sia previsto dal CCNL applicato.
Il diritto di un’associazione sindacale di percepire dal datore di lavoro, tramite ritenuta sullo stipendio dei lavoratori, i contributi sindacali che questi ultimi intendono versarle, presuppone un contratto collettivo che sia operante fra l’associazione stessa e il datore di lavoro .
 Questo sistema di finanziamento viene accordato a tutti i sindacati che stipulino contratti collettivi indipendentemente dal fatto oggettivo che siano maggiormente rappresentativi sul piano nazionale.
Quindi, nel caso i lavoratori abbiano richiesto al datore di lavoro di trattenere sulla retribuzione i contributi sindacali e abbiano rilasciato delega allo stesso per versarli ad associazioni sindacali il comportamento omissivo del datore di lavoro che rifiuti di effettuare detti versamenti si configura come antisindacale, in quanto pregiudica l’acquisizione da parte del sindacato dei mezzi di finanziamento necessari allo svolgimento dell’attività , e perciò ricade nella tutela inibitoria prevista dall’art. 28 dello Statuto dei lavoratori che sia invocata dalla medesima associazione sindacale.
Nella prassi, le deleghe hanno validità permanente, con verifica annuale e salvo revoca che può intervenire in qualsiasi momento.
Per maggiori informazioni si rinvia alla Cassazione.