Il segretario della CGIA di Mestre, Giuseppe Bortolussi, è intervenuto in merito alla discussione che si sta svolgendo sull’articolo 18 e sulle sue tutele reali. In effetti, per Bortulussi
Anche per noi è stata una vera e propria sorpresa: se si analizza solo la platea dei lavoratori dipendenti presente nel nostro Paese, oltre il 65% degli occupati lavora nelle aziende con più di 15 dipendenti. Da ciò si evince che la maggioranza dei lavoratori dipendenti è tutelata dall’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori
Tanto che, lo stesso segretario della CGIA, dopo aver valutato e analizzato i dati relativi alla distribuzione dei lavoratori occupati nelle aziende con più o meno di 15 persone, ha osservato
Se, invece, includiamo anche i lavoratori autonomi, la situazione, chiaramente, si capovolge. Gli addetti che lavorano nelle aziende con meno di 15 raggiungono il 54,3%, mentre quelli che sono occupati nelle imprese con più di 15 dipendenti non raggiungono il 46% del totale
In realtà, per correttezza e sincerità sulla discussione in atto, gli esperti della CGIA ritengono che i dati diffusi non sono realmente veritieri; in effetti, il conteggio deve essere effettuato solo tra i lavoratori dipendenti: l’analisi “rovescia” la tesi dominante, ovvero che, ad essere “coperti” dall’articolo 18, era solo una minoranza di lavoratori italiani.
Ricordiamo che l’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori afferma che il licenziamento è valido se avviene per giusta causa o giustificato motivo. In assenza di questi presupposti, il giudice dichiara l’illegittimità dell’atto e ordina la reintegrazione del ricorrente nel posto di lavoro.
In alternativa, il dipendente può accettare un’indennità pari a 15 mensilità dell’ultimo stipendio, o un’indennità crescente con l’anzianità di servizio. Il lavoratore può presentare ricorso d’urgenza e ottenere la sospensione del provvedimento del datore fino alla conclusione del procedimento, della durata media di 3 anni.
Nelle aziende che hanno fino a 15 dipendenti, se il giudice dichiara illegittimo il licenziamento, il datore può scegliere se riassumere il dipendente o pagargli un risarcimento. Può quindi rifiutare l’ordine di riassunzione conseguente alla nullità del licenziamento. La differenza fra riassunzione e reintegrazione è che, nel primo caso, il dipendente perde l’anzianità di servizio ed i diritti acquisiti col precedente contratto (tutela obbligatoria).