Dopo la sentenza che condannava il nostro Paese alla violazione del diritto alla parità del trattamento ai fini pensionistici, sentenza n. C-46/07 del 13 novembre 2008, tra uomini e donne al servizio della pubblica amministrazione che ha portato poi l’abrogazione delle legge 122/2010 e che ha sancito il pensionamento a 65 anni anche per le donne, oggi la Corte di Giustizia dell’Unione Europea è di nuovo intervenuta con la sentenza n. C-359/09 del 18 novembre 2010 intervenendo, con una pronuncia pregiudiziale che diversi risvolti sul piano pratico tanto da paventare un’applicazione diretta fin dal 2011.
In effetti, secondo la pronuncia non è possibile, mediante una decisione del legislatore nazionale, pensare di decidere una differente età pensionabile per uomini e donne a parità di trattamento di lavoro.
Non è nemmeno possibile per il legislatore nazionale imporre una discriminazione di genere, magari giustificandola come una misura per incrementare l’occupazione giovanile, perché, una decisione di questo tipo, rappresenta una vera discriminazione di tipo diretto: i giudici dell’Unione Europea hanno stabilito l’incompatibilità con il diritto dell’Unione le legislazioni nazionali che fissano trattamenti differenti in virtù del sesso.
La decisione della Corte di Giustizia si estende a tutti i lavoratori, del settore pubblico e privato, appartenenti all’Unione Europea.
Per questa ragione il decreto n. 5 del 25 gennaio del 2010 deve essere anche esteso anche alle donne del settore privato. Non solo, la tutela si estenderebbe anche agli uomini; in effetti, l’Inps, nel limite del diritto, non potrebbe eccepire nulla qualora un dipendente del settore privato volesse andare in pensione di vecchiaia a 60 anni al pari delle colleghe: in questo caso il lavoratore potrebbe chiedere al Tribunale di dichiarare ammissibile la domanda secondo la sentenza UE.
La conseguenza di tutto questo? Che si arrivi a recepire queste indicazioni attraverso una norma nazionale, legge di recepimento dell’interpretazione (articolo 3-bis della direttiva n. 76, parificando l’età pensionabile tra uomini e donne di tutti i settori pubblici e privati a 65 anni.